Alla più folkloristica tradizione barrese,quella dei Gigli,nn si era mai riuscito a trovare una data di inizio. La festa dei Gigli di Barra è vista,infatti,come discendenza da quella nolana,e da essa ancora dipendente. Nonostante ciò,la nostra festa si differenzia molto da quest'ultima:infatti ha sviluppato un senso di spettacolarità tipicamente barrese,una produzione canora paragonabile,in alcuni anni,a quella classica napoletana e un'ineguagliabile abilità nel far danzare gli obelischi linei lungo le strade e le strettoie del tragitto.
Prima di entrare nel vivo della questione,bisogna soffermarsi per qualche minuto sulla realtà esistente a Barra prima della creazione della festa. Bisogna ricordare che almeno fino al 1780,anno del censimento del sacerdote Giuseppe Del Giuduce,Barra era composta da vari appezzamenti coltivati che provvedevano a fornire sostentamento e lavoro alla maggior parte delle famiglie barresi;infatti una ristretta minoranza lavorava come facchini al porto di Napoli.Questa categoria di lavoratori era composta soprattutto da San Giovannari ( il soprannome della categoria ) , i quali trasportavano la merce affidandosi ad una spranga di legno che poggiavano su una spalla. Coloro furono anche fra i primi a cullare i gigli durante la festa di Nola e, quindi, fra i promotori della festa di Barra. Oltre ad attribuire a questa pratica la paternità della ballata Barrese,le origini della festa risalgono,con molta probabilità,al rapporto che aveva la comunità con la religione e alle vicende di culto legate a Sant' Anna e Sant' Antonio.
Un primo riferimento concreto alla festa dei gigli lo troviamo nella canzone “Saggezza antica” di Eduardo Napolitano. “…si putessero turnà
Chilli viecchie caporele ‘e sissantanne fa, j’ ‘e vulèsse dumandà…” . Nel verso appena citato, l’autore non indica una data qualsiasi, semplicemente per fare una rima, ma ne utilizza una in cui lui sapeva che sicuramente la festa esisteva. Infatti, in questa canzone composta nell’anno 1937, l’autore parla di una festa antica di sessanta anni, quindi quella del 1867.
Ma non possiamo, ovviamente, prendere questa data come quella indicante la nascita della festa. Infatti, dal ritrovamento di varie delibere comunali possiamo far risalire la festa addirittura al 1822.
1. 01/07/1822 – “…non si autorizza la processione di un castelletto di legno detto Giglio, in occasione della festività della Patrona di questo comune lungo la strada principale di poiché si è nell’attesa, dopo una comunicazione scritta inviata alla Regia Intendenza, l’autorizzazione per ordine pubblico.” Possiamo quindi dedurre che il primo giglio abbia avuto una funzione prettamente ornamentale e che sia rimasto fermo nella piazza parrocchiale a causa di una mancata autorizzazione delle istituzioni di allora. Ragionevolmente, l’anno successivo il giglio avrà cominciato a danzare grazie ai facchini di cui abbiamo parlato precedentemente.
2. 30/06/1823 – “…Il Sindaco avutone l’autorizzazione e predisposto adeguato servizio d’ordine con Guardia Nazionale, municipale e campestre, autorizza che sia trasportata per la strada parrocchia una macchina lignea detta Giglio similare a Nola…”. E’ questo decreto a sancire la nascita ufficiale della Festa dei Gigli di Barra.
3. 20/07/1824 – “…nel tratto della strada parrocchia e strada di sotto, lo stesso dalla strada di sopra alla tenuta dei Principi Spinelli bisogna togliere 4 fanali perché nell’eseguire processione della Santa Patrona con al seguito castelletti di legno denominati Gigli. La Giunta delibera affidare l’incarico all’inserviente comunale Benito Ascione a cui verranno rilasciate grana 86…”
Come avrete notato, si è aggiunto al giglio della parrocchia un secondo giglio, quello del rione aristocratico e nell’anno seguente si aggiunse un terzo giglio, quello del Comitato Serino.
La florida storia della Festa subisce la sua prima caduta nell’ottobre del 1829 quando il sindaco di Barra, in una lettera al Signor Intendente, spiega di aver convocato i capo paranza e di aver vietato ai Gigli di accompagnare la statua della Patrona in processione. Molto probabilmente fu il parroco di quel tempo a vietare la festa, ritenendola motivo di disturbo nella processione religiosa. Non sono stati ritrovati documenti che attestino queste supposizioni ma don Giuseppe Minichino, in una relazione scritta 9 nove anni dopo, fa riferimento alla processione di Sant’Anna, affermando che “…nel celebrarsi detta festività non vi è disturbo alcuno…”: con ogni probabilità si riferiva proprio alla processione dei gigli che seguivano la Santa Patrona.
Questa richiesta non fu accettata immediatamente ma soltanto dopo una decina di anni quando, dal 1836 al 1838, la festa fu sospesa a causa di un’epidemia di colera. Durante questi anni di inattività si cercò un accordo fra le varie fasce sociali per estrapolare la festa dei Gigli dalla processione di Sant’Anna e associarla a quella di Sant Antonio. Molti furono i cittadini promotori non solo di questo cambiamento ma, addirittura, del suo spostamento all’ultima settimana di settembre. Inoltre, il fatto di svolgere la festa a settembre rendeva più agevole ai nolani la costruzione degli obelischi: infatti, per trasportare il legno sui carri da Nola a Napoli occorrevano circa 15 giorni, senza tener conto dei tempi richiesti per smontarlo (dopo la festa a Nola) e ricostruirlo (una volta giunti a Barra). Un altro importante cambiamento riguardava la stessa festa: non si svolgeva più in processione al seguito della statua, bensì era Sant’Antonio che si muoveva, a bordo di un carro, e si recava a benedirli.
Ma la continuità di questa tradizione, che aveva assunto una forma puramente popolare, fu interrotta nuovamente nell’anno 1854, a causa di un’altra epidemia di colera.
A questo episodio ne seguì un altro, nell’anno seguente, altrettanto significativo: per il primo anno nella storia della festa ci fu un intervento economico da parte del Comune di Barra, il quale garantì ad ogni commissione organizzatrice una somma di 170 ducati.
Dopo poco tempo però, nel 1860, la festa fu sospesa ancora una volta, quest’ultima dovuta ai fermenti politici legati all’unità di Italia e all’arrivo di Garibaldi a Napoli.Dall’anno successivo si cominciarono a fare le cose sul serio, il comune investì dei fondi per addobbare il quartiere con ghirlande di edera intrecciata che pendevano dai balconi lungo tutto il Corso Sirena. Ovviamente, per vedere luminarie a petrolio bisognerà attendere la fine del 1800 e, per quelle elettriche nei vari rioni, bisognerà aspettare fino agli anni ’60.
Nel periodo che va dal 1863 al 1869 si aggiunse un quarto giglio, della Commissione di Piazza Crocella e, nel 1870, se ne aggiunge un quinto, quello della Traversa. Fu proprio quest’ultimo a portare il primo cantante sui gigli, il tenore Augusto Banfi, l’unico in grado di superare con la propria voce la musica. In questo periodo, inoltre, si decise che per ogni giglio ci sarebbero stati 2 caporali, detti Maestri di festa: la domenica prima della festa, il giglio veniva portato davanti alla casa del Maestro più anziano, dove veniva vestito; la domenica dopo la festa, veniva portato davanti alla casa del Maestro più giovane, dove veniva spogliato. Il programma della festa si svolgeva così:
· Cacciata: presentazione del Comitato per l’anno successivo alla cittadinanza, con fanfara al seguito;
· Sabato precedente alla Festa dei Gigli: la sfilata lungo il Corso Sirena, con fanfara al seguito, si svolgeva dalle 18:00 alle 21:00;
· Domenica della Festa dei Gigli: la festa iniziava intorno alle 09:00, con l’uscita del parroco con la statua di Sant’Antonio in piazza e l’ingresso dei gigli in quest’ultima per essere benedetti. I gigli cominciavano a ballare intorno alle 10:00, si fermavano alle 13:00 per il pranzo e riprendevano alle 16:00 per concludere, poi, la festa intorno alle 19:00.
Nel 1893, l’evoluzione della festa fu costretta ad arrestarsi ancora una volta a causa di una nuova epidemia di peste colerica.Dalla ripresa della festa, arrivando fino agli inizi del ‘900,la figura del secondo caporale andò man mano scomparendo, anche perché l’organizzazione della festa ricadeva soprattutto sulle spalle del Maestro di festa più anziano. Anche gli inizi del 1900 furono travagliati per la festa: nel 1910 la festa ricevette un ampliamento con un sesto gigli ma l’anno seguente ci fu una nuova interruzione dovuta all’ennesima epidemia.
Nell’anno 1912 ci fu un’importante innovazione che innalzò l’orgoglio delle paranze barresi: per la prima volta una paranza tutta Barrese si recò a Nola per la festa, comandata dal caporale Giuseppe Scognamiglio, detto “Peppe ‘a Serena”, il quale aveva già comandato, nel 1908 e nel 1910, due paranze miste.
E fu proprio in questa festa che ci fu l’innovazione del “Cuonce cuonce, e ghiettalo!”, inventato dallo stesso Peppe ‘a Serena, che andò a sostituire l’antico “E posa”.Racconto del giorno:
…Ebbene, quel giorno, Peppe ‘a Serena, dopo aver sfilato insieme alla paranza con il Giglio in Piazza Duomo, appena lo ebbe allineato di lato al Palazzo di Città e prima di fermarlo, richiese ad un trombettiere dalla fanfara di suonare due “attenti”.Appena il trombettiere ebbe eseguito questo comando, i capo paranza, che stavano intorno ai facchini gridarono “Aizzate ‘e rine!”, e subito dopo la voce stentoria di Siscariello gridò: “Cuonce cuonce, e ghiettalo!”. I facchini in contemporanea piegarono le ginocchia ed il giglio cadde di botto a terra . Ci fu un momento di smarrimento in piazza, perché era la prima volta che si vide una posata energica, tale da farne sentire il rumore. Il giglio non caddè subito perpendicolarmente ma oscillò un poco. Si alzò un parapiglia, tant’è che i Carabinieri intervennero e richiesero la presenza di Peppe ‘a Serena in caserma, con il rischio di imputarlo per attento alla pubblica incolumità….Ancora, a questi stessi anni è da imputare la nascita delle sfide fra le varie paranze. Tutto nacque dal fatto che il Corso Sirena, il quale all’epoca veniva percorso in entrambi i sensi, era troppo stretto per permettere ai gigli che si incontravano lungo il cammino di passare contemporaneamente. Generalmente si faceva in modo che i gigli si incontrassero in spazi un po’ più ampi, però una volta (di cui non si conosce la data precisa, si sa solo che accadde fra il 1910 e il 1912), il giglio di Serino, comandato da Peppe ‘e Pieppo, anziché attendere l’arrivo del giglio della Parrocchia, comandato da Tuardiello, nello slargo del Corso Sirena, gli andò in contro. Il giglio della Parrocchia non si tirò indietro e si incontrarono a metà strada, con entrambe le fanfare che continuavano a suonare.La competizione durò per circa 10 minuti, dopodiché il giglio della Parrocchia si fermo, lasciando riposare la paranza. Quando si rese conto che aveva vinto la sfida, Peppe ‘e Pieppo non si fermo, anzi avanzò verso le varre vuote dell’altro giglio, facendo poggiare quelle del giglio di Serino sulle altre. A questo punto fu il giglio della Parrocchia ad indietreggiare ed a cedere il passo. Questa sfida fu chiamata “ ‘E varre ‘nganno”. A quell’episodio ne seguirono molti altri simili, soprattutto a causa del divertimento che ne avevano ricavato sia gli organizzatori sia la popolazione.
Ancora una volta, negli anni che vanno dal 1914 al 1918, la festa non fu fatta a causa dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
Le feste del dopoguerra furono fra le più belle fino ad allora organizzate: infatti fu nel 1920 che si indisse, per la prima volta, un concorso che vedeva vincitrice la migliore canzone. Dopo appena 2 anni, la festa era divenuta talmente popolare che si toccò per la prima volta la soglia degli otto gigli, evento che costrinse il Comune di Barra a chiedere un incremento delle forze dell’ordine.
E dopo soli altri 3 anni, in pieno periodo fascista, venne addirittura attribuito al lunedì dopo la festa un significato particolare: era la festa delle donne. Alcuni carri andavano per le contrade di Barra, San Giovanni a Teduccio, San Giorgio a Cremano e Ponticelli per raccogliere le donne che volevano partecipare alla festa. Alcune di queste prendeva parte attivamente alla festa, altre si concedevano una giornata di svago e allegria. Questa parte della festa fu abolita con la caduta del fascismo.Bisogna tener conto che, in quegli anni, i facchini per ogni paranza erano circa 60 (compresi i ricambi) e che il giglio pesava circa 20 quintali (attualmente il peso è di circa 12/13 quintali) . Quindi, dato l’elevato peso, le alzate erano brevi mentre le pause piuttosto lunghe. Soltanto negli anni 60 il giglio fu alleggerito notevolmente, soprattutto grazie alla struttura e al materiale differente utilizzato per il vestito.
All’epoca, il costo totale di un solo giglio si aggirava fra le 800 e le 1200 lire, per la paranza si spendevano massimo 250 lire, per la fanfara massimo 180 lire (senza contare i soldi spesi per le vettovaglie e il pernottamento dei musicisti fatti venire da fuori), per i cantanti massimo 100 lire, per il fitto del giglio massimo 160 lire, il trasporto del legname e dei vestiti dei gigli da Nola a Barra su di un carro costava massimo 150 lire. Un altro avvenimento storico della festa dei gigli ci fu nel 1937, quando per la prima volta nella storia della festa la Barca Nolana fu portata a Barra su richiesta del Rione Marciapiede. Ovviamente non passò certo inosservata e numerosi furono gli sfottò,il può quotato riteneva che, in mancanza di denaro, era stata fatta la barca, che costava meno e richiedeva meno uomini.
Un nuovo arresto all’evoluzione della festa, si ebbe con la Seconda Guerra Mondiale. Ma quello fu un periodo nero un po’ per tutte le manifestazioni: infatti fu negata la processione anche di Sant Antonio. Soltanto nel 1947, con la fine della guerra, fu ristabilita la normalità e Sant Antonio uscì sia in processione a Giugno sia per benedire i gigli. Inoltre, con la caduta del fascismo, non furono più i gigli a spostarsi per ricevere la benedizione del Santo in Piazza Spinelli, ma fu quest’ultimo ad andare in processione il sabato pomeriggio e la domenica sera: ci impiegava due giorni anziché uno perché il giro era molto più lungo e, inoltre, non si muoveva più su un carro trainato da buoi, bensì su un tosello trasportato a spalla. Un’altra importante innovazione, che poi non sarà più abbandonata, fu la comparsa dei microfoni sui gigli. Nel 1955, il sabato delle cacciate Casamiccio, su un carro allegoricamente addobbato, fece piazzare quattro trombe microfoniche. All’improvviso, in una piazza gremita di gente, con la fanfara schierata e in attesa del segnale per la partenza, si udì “Pronto prova, pronto prova”: da quel momento fu un nuovo segnale di via per la festa. La stessa vicenda si ripeté il giorno seguente. Le trombe microfoniche erano attaccate alla corrente elettrica tramite una presa: il sabato, quest’ultima era ubicata nel Circolo di Sant’Anna; la domenica, invece, ad ogni sosta del giglio, la presa veniva attaccata in una bottega grazie alle gentili concessioni dei commercianti. Bisognerà aspettare gli anni sessanta per ottenere un impianto autonomo costituito dalle batterie dei camion, pesantissime, imbracate sotto il giglio in una rete fittissima di corde. La questione volse per il meglio negli anni ottanta, quando arrivò la produzione di energia elettrica tramite un motore a scoppio. Questa innovazione, capace di supportare diffusori stereo, 4 o 5 microfoni e vari strumenti, decretò quasi la sparizione dei suonatori di trombe e tromboni. L’ennesimo cambiamento che ci avvicina sempre più alla festa attuale avvenne nel 1962. In quest’anno, infatti, il percorso si andò definendo e arrivò a comprendere Corso Sirena, Via Serino, Corso Bruno Buozzi e Via Martucci. Fino a quel momento il giro era stato molto più breve, soprattutto a causa di una tubazione dell’acquedotto, sita in Via Martucci, posizionata a circa 10 metri di altezza. Tutti i comitati si mobilitarono per farla interrare ma fu solo grazie all’intervento del Comune di Napoli, a cui questi si rivolsero, che fu possibile effettuare questo lavoro di idraulica senza l’intervento pecuniario dei comitati. Il percorso si ridusse soltanto nel 1989, quando, a causa dei lavori di ristrutturazione che seguirono al terremoto, i gigli non passarono per Via Serino.
Nel 1964, il comitato Barra Maggiore riportò a Barra la Barca nolana per l’ultima volta.
Uno delle ultime innovazioni riguarda la struttura del giglio: infatti, nel 1984 nasce il “porta musica barrese”. Prima di questa data, il porta musica era profondo 60 cm e comportava che le ultime persone nelle varre davanti l’avevano in testa.Ciro Trombetta, un carpentiere di Barra, brevetto un nuovo porta musica che aveva uno spessore ridotto di 20 cm che non infastidiva i cullatori. Lo propose per la prima volta ai costruttori nolani per il giglio di Cicciotto nel 1984, ma questi si rifiutarono perché lo ritenevano pericoloso per la stabilità dell’obelisco. Nello stesso anno fu proposto a Milano, dove alcuni barresi lì residenti facevano annualmente il giglio. Questi accettarono e, verificando che non ci furono problemi, dopo fu riproposto prima a Barra a settembre e poi a Nola l’anno successivo. In fine, nel corso di questi anni, si andarono definendo le paranze, le quali smisero di acquistare il nome dal capo paranza e ne acquisirono di definitivi: questi erano per lo più aggettivi. Nel 1985 nacque la paranza “Amici miei” della famiglia Scotti; nel 1984 nacque la paranza “La Formidabile” dal caporale Raffaele Maddaluno; nel 1987 nacquero la paranza “L’Insuperabile” da Francesco Scogliamiglio, detto Cicciotto, e da Filippo D’Aponte, detto O’ Schiavone, e la paranza “La Mondiale” che nacque da un gruppo di persone appartenenti alla paranza “La Nazionale” e la paranza “S.C.I.O.R.D.A.”; nel 1995 nacque la paranza “Ultras” dal comitato Sant’Antonio.In queste poche pagine abbiamo esaltato la grande storia della Festa dei Gigli di Barra , con i suoi successi e i suoi insuccessi, sicuri che resterà per sempre nei cuori di tutti i barresi così come noi l’abbiamo descritta e la vorremmo, allegra e spensierata.